giovedì 25 gennaio 2018

Made in Italy - Il ritorno di Luciano Ligabue alla regia


Made in Italy è la dichiarazione profonda del rapporto fatto di amore e di odio per il nostro Paese, filtrato tramite il punto di vista di Riko (Stefano Accorsi), uomo umile e onesto, alle prese con una vita in cui tutto sembra prendere la piega dell’instabilità (lavoro, sentimenti, futuro).            
Nonostante le difficoltà, Riko decide di vincere sul tempo che corre, rialzandosi a fatica e mettendosi in gioco, prendendo in mano il proprio destino.

Le premesse del cantautore emiliano sono quelle di raccontare l’Italia di oggi sviluppando il discorso già esposto nel concept album omonimo (uscito a novembre 2016), cercando di renderlo più compiuto grazie al mezzo cinematografico e che potesse, quindi, essere raccontato da qualcuno che “avendo meno privilegi di me, mi sembrava avesse ancora più diritto ad una certa incazzatura”.     
  
Un’Italia precaria dove tutto sembra sul punto di crollare, un Paese odierno nel quale “a furia di farsi andare bene le cose si finisce per farsi andare bene tutto”.

Riko lavora come operaio in un salumificio da trent’anni ed esorta il figlio, che deve iniziare il DAMS, ad andare via di casa per crearsi un futuro con le sue mani, senza mai accontentarsi.      
Forse è attorno a questa parola che gira il film: accontentarsi. Quello che Riko ha sempre fatto, accentando una vita fatta di frustrazioni lavorative e sentimentali.

        
Made in Italy rimane un racconto privato (lo stesso Ligabue ammette che l’ispirazione per personaggi ed argomenti viene in buona parte dalla realtà che conosce) posto su questioni politiche ed economiche trattate molto alla buona e in maniera abbastanza superficiale.      
Le canzoni dell’album del 2016 fanno da contorno ad una vicenda che assume l’ambizione, come l’album stesso, di poter essere da tutti condivisibile.



Recensione integrale su My Red Carpet

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