sabato 6 gennaio 2018

Tutti i soldi del mondo - Il caso Getty

Del nuovo film di Ridley Scott si è detto di tutto ed oltre, senza concentrarsi sul film in sé.
Tutti i soldi del mondo narra la storia del rapimento di John Paul Getty  III (Charlie Plummer), rapito a Roma nel 1973 da affiliati della 'ndrangheta.
Il ragazzo non è altri che il nipote di Jean Paul Getty (Christopher Pllummer), magnate del petrolio e noto per essere l'uomo più ricco (e avido) del mondo.
Ma il sequestro del nipote preferito non sarà un motivo sufficientemente valido per pagare il lauto riscatto, tanto che saranno l'ostinazione e la lucidità della madre Gail (Michelle Williams), aiutata dall'uomo della sicurezza Fletcher Chace (Mark Wahlberg), le basi fondamentali per cercare di acquietare la trattativa e per poter recuperare i soldi necessari per riavere suo figlio.
 
 
In Tutti i soldi del mondo, il rapimento Getty, per quanto attinente ai fatti reali, diventa in parte romanzato e quasi utilizzato, forse, come leva per il tema principale: la riflessione sull'influenza occulta del denaro e sul valore degli esseri umani.
Per quanto entità astratta, il denaro è in grado di manipolare concretamente le persone e Getty senior non è da meno: la relazione che il denaro instaura con la sua psiche è dettata dal valore per gli oggetti. Lo Scrooge degli anni '70, non fa altro che accumularne, acquistando dipinti ed opere d'arte (senza non prima contrattare, ovviamente) e pagando quote assai rilevanti senza battere ciglio. L'anziano tycoon non riesce a trovare negli uomini la stessa bellezza pura che trova negli oggetti, perché essi "non cambiano, rimangono sempre gli stessi", mentre sono le persone che mutano.
Insomma un Charles Foster Kane che riempie la casa di oggetti per colmare un vuoto, creato dal suo attaccamento al denaro, che egli stesso non vuole affrontare ma che, invece di rimanere ancorato a Rosebud, resta avvinghiato alla sua abilità di continuare a macinare quattrini in continuazione.
 
 
A sommi capi si potrebbe dire che sostanzialmente che il film non sa dove andare a parare: non sa se concentrarsi sul rapimento o sul personaggio di patron Getty (che tende a prevalere), riversa la sua attenzione verso una serie di generi (thriller, noir, humor) che non si amalgamano bene tra di loro, sfugge totalmente al pathos e si aggrappa a poche recitazioni valide.
Inutile dire che la più valida sia proprio quella di Christopher Plummer, vero motore della vicenda. La sua interpretazione va al di là di ogni dubbio riversato dal cambio in corso d'opera (anzi, a film già concluso) al posto di Kevin Spacey, travolto dal caso molestie.
Il suo Getty è un Paperone gelido, spietato e scacchista ed è possibile affermare che, senza di lui, il suo personaggio non avrebbe avuto lo stesso magnetismo (nonostante i tempi ristretti per la preparazione al ruolo ed i pochi giorni dedicati alle riprese) e, probabilmente l'attenzione si sarebbe rivolta verso altri aspetti del film o non ci sarebbe stata affatto.
Da un Plummer anziano si passa da un Plummer appena maggiorenne, il giovane Charlie, fresco vincitore del Premio Marcello Mastroianni all'ultimo Festival di Venezia e con un talento tutto da scoprire e da coltivare.
 
 
Al di là del can-can mediatico che ha ruotato attorno a questo film, di Ridley Scott si può dire tutto tranne che sia un "vecchio decrepito". Quello che si può dire è che il regista britannico di Alien e di Blade Runner si sia adagiato un po' troppo sugli allori, facendo del cinema che perde energia, vitalità e profondità film dopo film.

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