domenica 14 febbraio 2016

The End of the Tour - Cinque giorni di appaganti dialoghi

Due menti che si confrontano, dialogano e si scontrano e una cassetta pronta a registrare il tutto ed a diventare testimone di pensieri e grandi riflessioni.
Questa potrebbe essere una piccola constatazione di quanto grande sia The End of the Tour (presentato alla decima edizione della Festa del Cinema di Roma), un film di James Ponsoldt (The Spectacular Now), che racconta i cinque giorni di convivenza, nel 1996, tra il giornalista del magazine Rolling Stone, David Lipski ed uno dei maggiori scrittori contemporanei, David Foster Wallace, durante la fine del tour promozionale del romanzo più fortunato di Wallace: Infinite Jest.
The End of the Tour è road movie malinconico che, basandosi sul libro di Lipsky Come diventare se stessi. David Foster Wallace si racconta (2010), pubblicato due anni dopo il suicidio di Wallace, non prende in esame tanto la persona in sé (tralasciando la forma del biopic), ma cerca di mettere in scena le riflessioni di due scrittori di diverso genere, scambi di idee, scontri e confronti, d due esistenze vissute nella loro relativa solitudine.
Cinque giorni di intervista sono bastati per creare un forte legame mentale tra i due protagonisti che cercano di mettersi a nudo e di confrontare le proprie riflessioni ed i propri intimi pensieri su differenti tematiche; in neanche una settimana, la loro convivenza consente ad entrambi di sviluppare il proprio pensiero come si faceva fino a non molti anni fa con il rullino fotografico, di dare spazio alla sincerità, di quanto sia normale il fatto che tutti siamo uguali e ognuno ha sempre una peculiarità in più che, in maniera del tutto naturale, si ammira e s'invidia.
Le particolarità del film sono Donald Margulies (sceneggiatore) e James Ponsoldt (regista) che hanno messo in atto una pellicola basata sul libro sopracitato che a sua volta si basa sulla famosa intervista che Lipski fece nel 1996 e non pubblicò mai, aggiungendo la bravura di non dare troppo guinzaglio a dialoghi, equiparando la propria potenza di profusione alle interpretazioni; eccellenti le interpretazioni di Jesse Eisenberg (Lipski) che torna ai livelli di The Social Network e soprattutto quella del talentuoso Jason Segel (David Foster Wallace), il quale lo si vede per la prima volta in un ruolo al di là del genere comedy.
Restando in termini letterali, forse i pensieri di Wallace possono essere un adeguamento contemporaneo a quelli di Pirandello (che fa esprimere a Vitangelo Moscarda); ci si sente liberi nel mondo e con se stessi nel momento in cui si esce dalla trappola di essere schiavi di altro e di altri.

Nessun commento:

Posta un commento